FAQ

Domande frequenti

Il lavoratore autonomo (libero professionista) è colui che offre un servizio o un’opera di natura intellettuale ad un committente senza avere un’ organizzazione di impresa. Il lavoratore autonomo non è, quindi, un imprenditore.

Il primo passo per l’inizio di una attività professionale è la richiesta di partita Iva presso l’Agenzia delle Entrate. In base all’attività svolta saranno richiesti o no determinati requisiti.

Il lavoratore autonomo non viene iscritto al Registro delle Imprese.

 

Occorre effettuare una distinzione nella tipologia di cliente verso cui viene emessa la fattura:

caso 1) il cliente è un privato senza partita iva: il compenso fatturato per la prestazione di servizi, viene maggiorato della percentuale del contributo integrativo prevista dalla cassa di appartenenza, a cui viene aggiunta l’iva del 22% (se il professionista non è in regime forfettario);

caso 2) il cliente è un soggetto giuridico (con partita iva): al compenso del caso 1 viene scorporata la ritenuta d’acconto, pari al 20% del compenso fatturato. Tale ritenuta consiste in un acconto sulle imposte che verranno liquidate in sede di dichiarazione.

In questo caso non c’è corrispondenza tra l’esercizio nel quale considerare l’incasso e quello in cui considerare la ritenuta d’acconto. L’incasso tramite bonifico deve essere considerato alla data di effettiva disponibilità della somma accreditata (03.01.2023), mentre la certificazione dovrà essere inserita nella dichiarazione dei redditi 2023 (anno fiscale 2022).

 

Le imposte da pagare annualmente sono le seguenti:

  • Irpef – imposta sul reddito delle persone fisiche – in funzione del reddito dichiarato;
  • Iva – versamenti periodici allo Stato dati dalla differenza dell’Iva incassata dai clienti e quella pagata ai fornitori di beni e servizi (tenendo conto delle diverse % di detraibilità per determinate spese);
  • Contributi previdenziali. Se il professionista è iscritto ad un Ordine riconosciuto (medici, architetti, ingegneri, geometri, ecc..) sarà obbligatoriamente iscritto ad una cassa previdenziale privata; se il professionista è sprovvisto di cassa previdenziale si dovrà iscrivere alla Gestione Separata Inps.

Tutte le spese possono essere dedotte, a patto che siano documentate ed inerenti rispetto all’attività esercitata. Tali spese possono essere dedotte dal reddito annuale secondo il principio di cassa, cioè solo se sono state effettivamente pagate.

La percentuale di deduzione delle spese dipende dalla tipologia della spesa stessa.

In linea generale l’autovettura è detraibile ai fini iva al 40% mentre ai fini reddituali è deducibile al 20% (nel limite di euro 18.075,00). Tutte le spese inerenti l’autovettura (carburante, manutenzione, assicurazione) saranno deducibili nei limiti del 20%.

 

Ogni cassa di previdenza ha i propri regolamenti sia a livello di versamenti sia a livello di comunicazioni.
Accedendo alla propria area riservata presente sul sito della cassa, sarà possibile ottenere tutte le informazioni necessarie.

 

Quando il rimborso riguarda spese sostenute per lo svolgimento dell’attività professionale come le spese di vitto, viaggio e alloggio documentate e sostenute al di fuori del Comune dove il professionista ha il domicilio fiscale, queste possono essere addebitate in fattura in una voce specifica e seguiranno la stessa imposizione a ritenuta d’acconto, a rivalsa INPS/CASSA e al trattamento IVA del compenso addebitato.

In tale circostanza, l’immobile nel quale viene svolta l’attività sarà considerato ad “uso promiscuo” e le spese ad esso relativo potranno essere dedotte nella misura del 50% (ad esempio le spese sostenute per le utenze). La deduzione è ammessa a patto che il professionista non disponga nel medesimo Comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione.

Eventuali compensi erogati al coniuge non possono essere dedotti in capo al professionista e non concorrono a formare il reddito complessivo del coniuge.